Nella bocca umana, si trovano quasi 10.000 papille gustative, ognuna delle quali contiene da 50 a 100 cellule sensoriali del gusto. Queste strutture biologiche non solo riconoscono i noti sapori dolce, acido, salato e amaro, ma svolgono anche una funzione di sistema di allarme per il corpo.
Il riconoscimento di specifiche sostanze nell’acqua potabile, come il cloro, il ferro o lo zolfo, può avvenire attraverso l’interazione con queste papille gustative. Ad esempio, il cloro può essere identificato principalmente attraverso il suo odore caratteristico, ben noto a chiunque abbia frequentato una piscina. Il ferro nell’acqua, d’altra parte, può essere individuato grazie allo spiccato gusto metallico, simile a quello del sangue. Per quanto riguarda lo zolfo, un’alta concentrazione di questa sostanza rende l’acqua caratteristicamente maleodorante, similmente alle uova marce.
Le ragioni per la presenza di queste sostanze nell’acqua del rubinetto variano. Alcuni fornitori di acqua utilizzano il cloro per la disinfezione, uccidendo batteri, virus e microrganismi. L’odore di cloro è spesso associato al lavaggio di detriti nelle falde acquifere o nelle acque superficiali, ad esempio dopo frane o temporali. Anche se i tubi sono zincati, il rivestimento di zinco può gradualmente dissolversi nel tempo, consentendo al ferro che scorre nelle tubature di influenzare il gusto dell’acqua. Per quanto riguarda lo zolfo, è naturalmente presente nell’acqua ed è inodore e innocuo entro certi limiti, ma se rivelato tramite l’olfatto, può indicare la presenza di batteri o una reazione chimica nel sistema idrico.
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In termini di pericolo per la salute, queste sostanze possono rappresentare una minaccia solo se superano determinate soglie di concentrazione. Il cloro, se presente entro i limiti consentiti, è generalmente innocuo, ma il superamento dei suddetti richiede la cessazione del consumo. Anche il ferro è innocuo entro certe dosi, ma un’eccessiva assunzione giornaliera può causare disturbi gastrointestinali. Per quanto riguarda lo zolfo, il solfato non dovrebbe superare i 250 mg/l per evitare effetti lassativi e un cambiamento di sapore nell’acqua. Per di più, un’elevata concentrazione di solfati può causare corrosione nei tubi, aumentando il rischio di danni e influendo sulla qualità dell’acqua.
Riconoscere queste specifiche sostanze nell’acqua attraverso le papille gustative è possibile e può fornire indizi importanti sulla qualità sia dell’acqua che delle tubature. Le percentuali di tali elementi devono rimanere entro i limiti consentiti per evitare rischi per la salute e problemi legati alla qualità dell’acqua. La valutazione accurata della presenza di queste sostanze è fondamentale per garantire un approvvigionamento idrico sicuro ed efficiente per la popolazione.